Riflessioni da un tweet, colonne e un architrave

 

Chi siamo noi? Cosa diventiamo quando siamo in coppia?
Per l’ennesima volta mi sono resa conto di aver rinunciato a una parte di me pur di tenere accanto una persona (che alla fine si è fatta ampiamente i fatti suoi).
Troppi compromessi e rinunce.
E ora che sto riprendendo contatto con la mia vita e le mie passioni, mi sento molto meglio.

Poi rifletto e mi rendo conto di quanti uomini con cui sono stata, o persone intorno a me, hanno cambiato completamente gusti e abitudini appena entrati nel gioco di coppia, diventando un tutt’uno con il proprio partner.
Metallari che ascoltano musica da bimbominkia, donne autonome che diventano gattine insicure, dialetti o modi di dire che migrano di bocca in bocca, mattinieri che diventano nottambuli. Poi se c’è un notevole scarto di età  fra i due, si entra proprio nel grottesco.

Ma dov’è che finisce la condivisione e inizia l’identificazione con l’altro per nascondere le proprie insicurezze (o carenze caratteriali)?
E’ possibile avere una relazione rimanendo se stessi, rispettando la vita, i gusti e le esigenze dell’altro e chiedendo il rispetto per le proprie? O siamo tutti destinati ad essere assorbiti dalla personalità  più forte della coppia?

Non ricordo di chi fosse la metafora che rappresentava una coppia come due colonne in un tempio: tutte e due hanno la stessa funzione (sorreggere l’architrave) e nessuna delle due assolverebbe al meglio il suo compito se non ci fosse l’altra. Ma entrambe devono sempre rimanere a una giusta distanza: se fossero troppo vicine (troppo uguali?) l’architrave crollerebbe.

 

[ foto Massimo Baldi ]

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