Undici

E sono 11.
Sono tanti, sono pochi, non lo so.

So solo che quest’anno va un po’ meglio.
Come se l’aver oltrepassato la boa del decennale rendesse il dolore più lieve.
Come una polaroid che pian piano perde i suoi colori e lascia solo le tracce essenziali di un viso.

Ormai tutto questo fa parte di me.
L’ho assorbito, digerito, metabolizzato, e neanche ha più senso chiamarlo dolore: ormai è uno stato latente di malinconia.
Un velo sull’anima, il pezzo mancante di un puzzle, quell’unico respiro che ti manca nell’arco della giornata… e l’eco dei “se” che subito dopo averli pensati, scuoti la testa per scacciarli e tornare alla realtà  (“se ci fosse stato lui…”, “cosa avrebbe fatto se…”).

Ed eccomi qui, ferma davanti allo specchio: a contare gli anni; a ricordare com’ero, com’eri, come eravamo; a tirare le somme; a sorridere mentre quella lacrima scende calda sulla guancia.
Mentre tutto cambia e tutto resta uguale.

Ciao papà (con la voce che tu sai)

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