Via del Corso

Passeggiando per Via del Corso in una qualsiasi giornata.
Dettagli.

L’uomo sandwich pakistano che indossa goffamente Sushi di pannolenci di 70 cm per promuovere il ristorante dietro l’angolo.

La signora avanti con l’età  e in abbondante sovrappeso vestita di nero con l’abitini stretch e ciondoli da Madonna anni 80.

Gli sciami di ragazzini in gita turistica, rumorosi e fastidiosi come moscerini.

Adolescenti in mise provocanti, novelle lolite arroganti, o le aspiranti starlette anoressiche in bilico fra orgoglio e vergogna per i propri corpi sofferenti.

Gli autisti delle auto blu in giacca, cravatta, auricolare e tramezzino nel cassetto del cruscotto.

Quintali di fard, mascara e rossetti spalmati su volti stanchi, grigi, spaventati dall’avanzare del tempo.

Gli artisti di strada fra noia, attesa e frustrazione per la poca arte rimasta che si trascinano stancamente dietro.

Il blu e il grigio dei completi dei ministeriali, il rosso delle gote dei turisti, il bianco del travertino, il grigio scuro del sampietrino.

Fra tutto questo vortice di di suoni e colori, intravedo i pochi italiani: tristi, stanchi, anonimi.
Siamo un popolo infelice.
Siamo una città  non ha più neanche un’identità.

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