La nuova rivoluzione colorata

Non credo nelle manifestazioni (intese come cortei di piazza).
Non sono mai stata una persona attiva politicamente, una di quelle sempre in prima fila e incazzata, a urlare il proprio dissenso.

Ho sempre evitato anche di discutere di politica, forse perché la mia visione del mondo è data più dai valori ereditati che non da un’ideologia da seguire ciecamente giustificandola con motivazioni storiche e non sociali. Non ho abbastanza cultura che controbattere a chi mi snocciola date e nomi del passato, mentre io oppongo i risultati raggiunti, da quegli stessi nomi, nel presente.

No B day dicembre 05, 2009 © valentina cinelli

Il mio pessimismo mi ha anche insegnato che ci sono forze più grandi di noi, e da noi neanche minimamente immaginabili, che muovono le sorti del nostro e di altri paesi. E il pensiero di riuscire a cambiare qualcosa andando in piazza, per poi vedere tutto filtrato e alterato dalla lente dei mass media, con gli “utonti” che danno per vero tutto ciò che gli viene propinato, senza capacità  critica o di analisi… beh, questo pensiero demolisce ogni mio desiderio di rivalsa.

Sono sincera, all’inizio non era mia intenzione di andare, anche vivendo a pochi km da San Giovanni: come me, molta gente (di sinistra?) si è allontanata dalla politica, oppure non crede che le manifestazioni servano a qualcosa…
Ma alla fine, ci sono volta essere.

Forse per fare numero, ma anche per tastare il polso a questa parte della popolazione italiana, alla quale mi sento un po’ più affine.
Anche per documentare sulla rete che questo assurdo progetto, di organizzare una manifestazione nazionale da parte di privati cittadini, senza appoggi politici, partendo dalla rete, era possibile.

cosa ho visto

  1. gente di tutte le età , di tutte le regioni e di tutti i “tipi”: centri sociali, famiglie, anziani, giacche e cravatte, felpe, cappelli, sciarpe e foulard viola…
  2. partecipazione: secondo me anche perché a parlare c’era la “gente” per la gente e non i politici…
  3. unità 
  4. una pacata disillusione che tanto le cose non cambieranno, mascherata da cauto ottimismo
  5. meno cazzeggio e gioco dispersivo, classico in tutte le manifestazioni: le persone non erano lì per divertirsi, ma per contarsi e riconoscersi

cosa non ho visto

L’unica nota dolente, a mio parere, è stata la scarsa partecipazione della blogosfera.
Utilizzando l’hashtag #nobday ho cercato di fare una mia piccola diretta e cercavo sia su twitter che su friendfeed testimonianze di gente in piazza, o davanti alla diretta, commenti, discussioni, aggiornamenti anche dalla stampa estera.
Dato che questo movimento era nato sul web, mi sarei aspettata una maggiore partecipazione dalla rete stessa, anche da coloro che fisicamente non sarebbero potuti venire a Roma. Mi immaginavo un corteo virtuale, un’onda viola attraverso tutti i social network.
E invece i grandi flamers politici del web, le così dette blogstar che non perdono un’occasione per polemizzare su tutto e monopolizzare i lifestream di tutti per settimane, sono rimaste in silenzio…

Per la Rivoluzione Verde Iraniana si sono mobilitati tutti… ieri, per la nascita di una nuova rivoluzione colorata che ci tocca tutti da vicino, nessuno ha detto niente, o creato un “gruppo d’ascolto” (come per X-Factor… decisamente più importante delle sorti del nostro paese, no?) o commentato in diretta…
Solo analisi sul solito balletto sulle cifre della Questura.

Nuovamente mi chiedo a cosa sia servito tutto questo, tutto quello che ho visto e provato ieri, se le persone che possono divulgare più capillarmente tutte queste notizie, tacciono quando veramente servono.

Delusa da chi pensavo più vicino a me, ma felice di aver visto tanta altra gente, non 2.0, ma più interattiva e coerente di tanti altri.

«Questo paese può cambiare davvero », dice Riccardo Fabbri, 38 anni, impiegato. «Io – spiega – ero l ’italiano medio, mi importava solo del calcio, della tv e delle donne, poi però a vedere come hanno distrutto questo paese mi sono inc … anche io ».
No B. Day, diretta dalla piazza “viola ” – l ’Unità .it

[ via BolsoTumblr ]

 

cosa ho fotografato

Approfondimenti

facebook.com/no.berlusconi.day
noberlusconiday.org

1 Comment
  • bastet

    07.12.2009 at 10:13 Rispondi

    L’ANALISI
    La rivoluzione giovane e gli errori del Pd
    di CURZIO MALTESE

    ‘Siamo il più bel corteo degli ultimi 150 anni’. Uno slogan ironico, ma neppure tanto. Per usare altre parole del nemico della piazza, quello di ieri è stato un miracolo italiano. Quando sarà  finita l’era Berlusconi, si parlerà  ancora del 5 dicembre come di un giorno che ha cambiato la storia.

    Nel mondo non s’era mai vista una simile folla di persone convocata attraverso la rete. E’ l’ingresso ufficiale della politica nell’epoca di Internet. Qualcosa che va perfino oltre, anzi molto oltre l’obiettivo dichiarato di costringere il premier alle dimissioni. E’ una rivoluzione. La rivoluzione viola. Allegra e vincente: nelle cifre, nei modi, nei linguaggi, nei volti, spesso di giovanissimi. Non era accaduto a Londra, a Parigi, a Berlino, in nazioni dove l’uso della rete è assai più diffuso che in Italia. Neppure negli Stati Uniti, dove da anni esiste MoveOn, il movimento on line che ha creato il fenomeno di Obama. E’ accaduto qui, nel laboratorio italiano, in una piazza romana da sempre teatro della nostra storia. In questo caso, la fine decretata della seconda repubblica.

    Di fronte all’enormità  del fatto nuovo, colpisce la decrepitezza di un ceto politico a fine corso, evidente nelle reazioni scontate, conservatrici, impaurite. Di tutto il ceto politico, di maggioranza e d’opposizione. I portaborse berlusconiani, che si sono lanciati nella solita arringa contro le ‘piazze giustizialiste’, aggettivo che non significa nulla per i ventenni in corteo. Le solite timidezze della dirigenza del Pd, che conferma di capire poco, come le precedenti, dei mutamenti profondi avvenuti nella società  italiana. Ma pure la corsa a ‘mettere il cappello’ dei dipietristi e dell’ex sinistra arcobaleno, comunque mantenuti dagli organizzatori ai margini del palco e della festa.

    Fra tutti, certo, il più incomprensibile è l’atteggiamento del Pd di Bersani. Un partito nuovo, almeno nelle intenzioni se non nel gruppo dirigente, inossidabile ai cambi di nome e di sigle, che avrebbe dunque in teoria tutto l’interesse a sperimentare le nuove forme della politica, a esserci insomma in occasioni come queste, piovute dal cielo. ‘Perché Bersani non è qui?’ era la domanda del giorno, sul palco e fra la gente. Già , perché? C’era una grande manifestazione di popolo, a costo zero rispetto alle onerose manifestazioni di partito. C’erano in piazza l’elettorato reale e quello potenziale dei democratici. Chiedono le dimissioni di un premier che ha sputtanato l’Italia nel mondo, con le veline candidate in Europa, le sua storie personali e le scelte pubbliche, l’elogio dei dittatori, il conflitto d’interessi, i trucchi per sfuggire alla giustizia, i media di sua proprietà  usati come manganelli, le accuse dei pentiti di mafia. Elementi che, presi uno per uno, sarebbero già  stati sufficienti in qualsiasi altra democrazia per chiedere le dimissioni di un governante. Perché allora Bersani non c’era? Perché il maggior partito d’opposizione ha addirittura paura a pronunciare la parola ‘dimissioni’? Perché invece di abbracciare gli organizzatori, a partire da Gianfranco Mascia, e precipitarsi di corsa, i dirigenti del Pd esalano sospetti, perfino disgusti nei confronti dell’onda viola? Sarebbe come se Barack Obama, invece di accettare con entusiasmo l’appoggio di MoveOn, che gli ha fatto vincere le elezioni, avesse detto: no grazie, preferisco fare da solo.

    ‘Un errore grave, di quelli che si pagano cari’ diceva Pippo Civati, trentenne esponente del Pd, che è venuto con regolare maglione viole, sulla base di una scelta assai più semplice: ‘Venivano tutti gli elettori con cui sono in contatto, perché io avrei dovuto essere da un’altra parte?’.

    Passeggiare per le strade di Roma ieri, a parte tutto, era un esercizio utilissimo per un politico. Le facce, le storie dei partecipanti raccontavano un’Italia che non comparirà  mai al Tg1 ma opera ogni giorno nel famoso territorio. Associazioni di ogni tipo, che hanno movimentato già  sulla rete decine di battaglie locali e nazionali, sulla Tav, il Ponte di Messina, il precariato, la scuola. Volontari, lavoratori, ceti medi, centri sociali ed elettori di destra delusi, gente del Nord, del Sud, immigrati: bella gente. Più giovani di quanti ne compaiano di solito nei cortei, quasi soltanto ventenni o cinquantenni, col buco in mezzo delle generazioni cresciuti negli ultimi decenni di egemonia televisiva.

    Tanti pezzi di un’Italia non qualunquista, non rassegnata, che non sta mani nelle mani tutto il giorno a chiedersi ‘che cosa possiamo fare?’ o a lagnarsi della casta dei politici. Domani non torneranno a casa a guardare la televisione. La rivoluzione viola non finisce qui e non finirebbe neppure con le dimissioni di Berlusconi. Continuerà  a far politica nei nuovi modi, con o senza il permesso di chi pensa che la politica sia decidere tutto nelle fumose stanze di un vertice a palazzo.

    [ via La rivoluzione giovane e gli errori del Pd – Politica – Repubblica.it ]

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